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martedì 13 gennaio 2015

VIAREGGIO E L’ELETTROSMOG, LA DOPPIA VERITÀ DI ARPAT

Per l’agenzia emissioni nella norma, ma durante un sopralluogo un tecnico disse: «Non faccia più dormire suo figlio qui»

VIAREGGIO. Molti dei presenti, nella sala della Croce Verde lunedì sera, hanno appena dato l’ultimo saluto ad Emanuele Santarcangelo, 43 anni, padre di un bambino di 5, ucciso in pochi mesi da un umore. Lele ha a lungo abitato nel palazzo di via Matteotti dove si muore dopo aver fatto i conti con malattie oncologiche. Dodici decessi solo qui, sui 37 che conta l’area intorno alla sottostazione elettrica di Ferrovie che, da qualche mese, vede anche la presenza di una maxi antenna Vodafone. Due fonti di emissioni di onde elettromagnetiche che si sommano, ma sulle quali pesa il responso delle misurazione effettuate da Arpat su richiesta del Comune: i limiti di legge non vengono mai superati ed, anzi, i valori rilevati si collocano abbondantemente sotto.
I residenti del quartiere, riuniti in un comitato da quando è arrivata l’antenna, si sono messi nelle mani di un proprio tecnico, al lavoro per effettuare nuove misurazioni. Un’esigenza nata - è stato spiegato nel corso dell’assemblea alla Croce Verde - anche dalle parole, tanto informali quanto di peso, ascoltate dai tecnici Arpat impegnati nei rilievi nei mesi scorso. «In un appartamento del palazzo di via Matteotti che conta una dozzina di decessi - racconta davanti a tutti Michela Masoni, presidente del “Comitato di via Matteotti” - l’ingegnere di Arpat, in nostra presenza disse alla signora cinese che vi abita: «Qui lo dico e qui lo nego, suo figlio non lo faccia più dormire in questa stanza...». La camera in questione - continua Masoni - «è quella di un ragazzino in età da scuola media - che affaccia sulle due fonti di emissione...L’ingegnere si mise una mano sulla coscienza, credo da padre prima di tutto...».
Masoni fa anche nome e cognome dell’ingegnere Arpat che è in ferie e non raggiungibile, come spiega al “Tirreno” l’ufficio stampa di Arpat. Che aggiunge: «Sono comunque parole che possono essere state pronunciate, come dire, per un principio di precauzione visto che si trattava della camera di un bambino...».

Leggi QUI l’articolo completo di Donatella Francesconi del 24 dicembre 2014

FONTE : ILTIRRENO.IT