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martedì 28 ottobre 2014

L’ELETTROSMOG FA DAVVERO MALE?

Qui sotto pubblichiamo un articolo apparso sul sito di OGGI che riepiloga sinteticamente molti aspetti legati al fenomeno elettrosmog , e anche se non condividiamo la sicurezza espressa sui campi generati in alta frequenza ( wi-fi e cellulari compresi ) giunge a delle conclusioni importanti sull’esposizione ai campi in bassa frequenza ( elettrodotti ).

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Il fenomeno definito “inquinamento elettromagnetico” è legato alla generazione di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici artificiali, cioè non attribuibili al naturale fondo terrestre o ad eventi naturali.
Per spiegare meglio questa punto tocca ritornare un attimo sul banco di scuola per una rapida lezione di fisica. I campi elettromagnetici si propagano sotto forma di onde elettromagnetiche, per le quali viene definito un parametro, detto frequenza, che indica il numero di oscillazioni che l’onda elettromagnetica compie in un secondo.
L’unità di misura della frequenza è l’Hertz (1 Hz equivale a una oscillazione al secondo). Sulla base della frequenza viene effettuata una distinzione tra: inquinamento elettromagnetico generato da campi a bassa frequenza (0 Hz – 10 kHz), quello ad esempio dai tralicci dell’alta tensione; inquinamento elettromagnetico generato da campi ad alta frequenza (10 kHz – 300 GHz) nel quale rientrano i campi creati dagli impianti radio-TV e di telefonia mobile.
È ormai scientificamente assodato che i campi elettromagnetici interagiscono con i tessuti biologici. L’interazione è tanto più potente quanto più ci si trova vicini alla sorgente e varia in base alla frequenza.
Il principale effetto dei campi elettromagnetici (soprattutto quelli a radiofrequenza) sul corpo umano è il riscaldamento: lo stesso principio sfruttato nei forni a microonde per riscaldare i cibi. Tuttavia, i livelli ai quali siamo normalmente esposti, per esempio mentre guardiamo la televisione o utilizziamo il computer, sono molto inferiori ai valori richiesti per produrre un riscaldamento significativo. La legge italiana, inoltre, prevede limiti di esposizione che sono molto al di sotto di questi valori (detti valori soglia); se tali limiti sono rispettati, non vi sono prove scientifiche di rischi per la salute. Almeno per ora.
«Il problema dell’elettrosmog rispetto a tante altre fonti di inquinamento è la mancanza di dati epidemiologici: non esistono ancora studi che inequivocabilmente accertino danni alla salute causati dall’esposizione a onde elettromagnetiche di tutte le frequenze. Infatti mentre per le basse frequenze diversi studi hanno portato a risultati certi, come dimostra l’aumento dell’incidenza delle leucemie infantili e di quelle linfatiche croniche, la stessa cosa non si può dire per le altre frequenze», sostiene dice la professoressa Maria Rosaria Boni della Facoltà di Ingegneria dell’Università La Sapienza di Roma.

Quindi se ci limitassimo alle evidenze attuali, è possibile affermare che vivere vicino a un traliccio dell’alta tensione fa sicuramente male, mentre parlare al cellulare non è detto. Un punto certo quindi lo possiamo smarcare visto che già nel 2001 lo IARC (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) ha inserito i campi elettromagnetici nella classe 2B dei “possibili cancerogeni”, affermando che sussiste una “consistente associazione statistica” tra l’esposizione a campi elettromagnetici al di sopra di 0,4 microtesla.


FONTE : OGGI.it