Un libro shock uscito negli Stati Uniti analizza ed espone gli
studi che correlano i cellulari e le alterazioni biologiche negli esseri
viventi. E l'autore afferma: "E' il più grande esperimento biologico mai
autorizzato finora".
Nel 2013 l’Onu ha lanciato un allarme nel documento Millenium
Developer Goals Report: nel giro di sei mesi si stimava che il numero di
cellulari avrebbe potuto raggiungere quello degli abitanti sulla Terra. Questo
non significa ovviamente che tutte le persone del mondo posseggono ad oggi un
cellulare: ci sono infatti più di 91 Paesi che detengono una media di più di
due cellulari a persona, altri meno. Ma il dato fa riflettere sull’uso
spropositato di questo strumento da parte dell’uomo. Molti sono stati gli
allarmi lanciati da studiosi e dalle istituzioni sugli effetti dannosi dei
campi elettromagnetici, cellulari compresi, sulla salute dell’uomo.
L’inquinamento elettromagnetico è, nell’opinione comune, uno dei temi
maggiormente sentiti e avvertiti, uno dei temi su cui si ha poca informazione
ma che crea, al tempo stesso, ansia e preoccupazione. La sua “intangibilità” e
la sua “invisibilità” lo rendono ancor più preoccupante. Un libro, pubblicato
negli Stati Uniti, ma non ancora in Italia, aiuta a fare maggiore chiarezza
sull’argomento. Scritto da Martin Blank, docente universitario, ha un titolo
eloquente, "Overpowered: What science tells us about the dangers of cell
phones and other wifi-age devices”. L’autore spiega il problema dei campi
elettromagnetici in modo diverso rispetto a quanto fatto finora. Egli afferma
che tutti noi stiamo partecipando ad un esperimento non autorizzato, il “più
grande esperimento biologico mai autorizzato finora, che si basa sul contatto
giornaliero tra le nostre teste e i trasmettitori di onde ad alta frequenza, i
cellulari appunto”. I conseguenti effetti negativi sulla salute umana possono
richiedere decenni per svilupparsi. “Quindi dovremmo attendere molti anni per
conoscere i risultati di questo esperimento globale – afferma l’autore – Ma ciò
potrebbe essere troppo tardi per miliardi di persone”. Cosa fare allora? Da
decenni oramai infuria un dibattito sulla questione. Un vero e proprio scontro
a due facce. Da un lato ci sono coloro che sollecitano l’adozione di un
approccio precauzionale al rischio (ed è questa la posizione di Blank), mentre
si continuano a studiare gli effetti sulla salute umana all’esposizione dei
campi elettromagnetici. Dall’altro lato ci sono coloro che insistono
nell’aspettare una risposta definitiva e certa dei risultati prima di
intraprendere qualsiasi azione. In questo gruppo ci sono ovviamente le
industrie. Per il momento sta vincendo la seconda parte: è appunto sotto gli
occhi di tutti il mercato tecnologico dei cellulari, con l’immissione nello
stesso di nuovi e più sofisticati prodotti, sempre più appetitosi per l’uomo.
L’industria infatti dà segnali tesi a tranquillizzare, mentre scienziati
indipendenti e comitati di cittadini avvertono dei rischi. Gli Stati, che
cedono all’asta le licenze, oscillano tra queste due posizioni.
Ma i cellulari non sono i soli generatori di campi
elettromagnetici. Ci sono i forni a microonde, televisori e computer, l’intera
rete elettrica, impianti di allarme di sicurezza, trasmettitori
radiotelevisivi, e trasmettitori per la telefonia mobile. “Oggi, all’inizio del
21 secolo, siamo immersi pienamente in un calderone di radiazione
elettromagnetica su base continua” – si legge nel libro. E, nonostante la
scienza non abbia ancora risposto a tutte le domande poste sugli effetti
dannosi o meno dell’elettromagnetismo sulla nostra salute, essa ha dimostrato
però una vasta gamma di effetti biologici legati all’esposizione continua ai
campi elettromagnetici. L’autore espone sedici studi scientifici che hanno
ravvisato mutazioni del dna a cui fa seguito lo sviluppo dei tumori, in particolare
quelli cerebrali: si calcola che il rischio è superiore del 240%tra coloro che
fanno un uso quotidiano e prolungato del cellulare per 10 anni. Non solo, ma
uno studio israeliano ha scoperto che le persone che utilizzano i telefoni
cellulari per almeno 22 ore al mese hanno una probabilità del 50% in più di
sviluppare tumori alla ghiandola salivare. E gli individui che vivevano per più
di 10 anni nel raggio di 400 metri da una torre di trasmissione di telefonia
mobile avevano un tasso di cancro tre volte superiore a quelli che vivevano ad
una distanza maggiore. Gli studi ci sono. E tanti. A tal punto da spingere
l’Organizzazione Mondiale della Sanità a dichiarare ufficialmente che le
microonde generate dall’uso dei cellulari,wi-fi, cordless o tablet sono
“potenzialmente cancerogene”.
E in Italia qual è la situazione? Anche nel Bel Paese il problema
è sentito, nonostante la presenza di leggi, non sempre rispettate. A regolare
la materia è il Decreto Ministeriale n.381 del 10 settembre 1998, relativo al
“Regolamento recante norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenza
compatibili con la salute umana”. Esso fissa, tra le altre cose, il valore
limite di 6 volt/metro dei campi elettromagnetici riguardanti la telefonia
cellulare in corrispondenza di zone abitate. E demanda alle regioni e alle
province la disciplina dell’installazione degli impianti al fine di garantire i
limiti espressi dalla legge. Limiti che purtroppo nella maggior parte dei casi
non sempre vengono rispettati. Ed è per questo che assume un’importanza elevata
la vigilanza dei cittadini. Secondo il dott. Francesco Imbesi, del Centro
Consumatori di Bolzano, sensibile alla materia, i cittadini attivi possono
impegnarsi in molti modi per rendere migliori le nostre condizioni di vita, consigliando
di porsi alcuni obiettivi: informare i consumatori, soprattutto giovani e
bambini, sui rischi legati all’uso del cellulare; vigilare sulla pianificazione
dei ripetitori da parte delle amministrazioni pubbliche; vietare l’utilizzo di
cellulari nei mezzi pubblici; ridurre i valori di soglia, con l’obiettivo di
sostituire i valori definiti unicamente in base agli effetti termici con valori
stabiliti in base all’introduzione di principi medici di prevenzione.
In conclusione, analizzando con spirito critico gli studi
scientifici pubblicati finora e considerando la sistematica sottostima del
rischio che caratterizza il protocollo utilizzato, emerge con sufficiente
chiarezza l’incremento del rischio di tumori alla testa osservabile dopo lunga
latenza o uso prolungato dei telefoni cellulari.