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martedì 20 febbraio 2018

IL DOCUMENTARIO DELLA TV RULLA SULLE PERSONE IPERSENSIBILI AL WI-FI




PER ATTIVARE I SOTTOTITOLI PREMERE LA ROTELLINA IN BASSO A DESTRA 


  • Traduzione di Riccardo Radici 
  • Revisione di Francesca Demontis

L'elettroipersensibilità è difficile da diagnosticare ed è ancor più difficile convincere gli altri che esista realmente. Non c'è alcuna cura conosciuta e l'unico modo per alleviare i sintomi sembra essere, per le persone elettroipersensibili, separarsi dai dispositivi elettronici e dall'influenza di reti senza fili. Insomma non hanno altra scelta se non fuggire nei boschi o in aree rurali remote tra l'altro sempre più rare.
A livello internazionale si parla di “Ipersensibilità ai Campi Elettromagnetici” (Electromagnetic Hypersensitivity, EHS), comunemente si abbrevia in Elettrosensibilità (Electrical Sensivity, ES). L’orientamento è di classificarla tra le malattie da causa ambientale come la Multichemiosensibilità (MCS). Numerosi gruppi di scienziati richiamano con forza la Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ad un rapido riconoscimento della Elettrosensibilità come vero e proprio stato di malattia, includendola nei codici ICD (International Classification of Diseases).
I criteri di diagnosi attualmente considerati validi sono quelli formulati dalla Associazione dei Medici Austriaci (“Linea guida dell’Associazione Medica Austriaca per la diagnosi e il trattamento dei problemi di salute e malattie correlate ai campi elettromagnetici”).

Per quanto riguarda le indagini utili a diagnosticarla, una recente pubblicazione scientifica ad opera del prof. Belpomme, ha individuato dei biomarcatori predittivi di malattia.

La malattia è nota da almeno 60 anni, ma si sta diffondendo rapidamente nella popolazione generale per la recente la diffusione ubiquitaria ed esponenziale dell’Elettrosmog; prima invece interessava quasi esclusivamente radaristi e tecnici che si esponevano ai CEM in ambito lavorativo.

Non è nota alcuna terapia. Al momento l’unica pratica efficace è evitare o ridurre fortemente l’esposizione ai CEM.