L’AQUILA
- Tutto tace sullo spostamento dell’elettrodotto che taglia in due
metà la città dell'Aquila. E il sospetto è che, come dice
l’adagio, la dilazione sia la forma più letale di diniego.
Terna,
la società che in Italia gestisce la rete elettrica, non ha dato
infatti ancora seguito alle ripetute richieste del sindaco del
capoluogo, Massimo Cialente, di un incontro per ragionare
concretamente sulla delocalizzazione, lontano dai centri abitati,
dell’elettrodotto a doppia linea ad alta tensione da 150 e 220
chilovolt che attraversa la città, tagliando in due i quartieri di
Pettino, San Francesco e Torrione.
A
pochi metri da numerosi edifici scolastici e da abitazioni dove, ha
denunciato a questo giornale Federica Marola, dottore in Medicina
presso l'Ospedale 'San Salvatore' dell'Aquila, si sono verificati
corso degli ultimi dieci anni, ben cinque casi di malattie
ematologiche.
Ai
giornalisti che alzano il telefono per chiedere lumi e l’onore di
un’intervista, gli addetti della comunicazione di Terna, sia
nazionali che regionali, rispondono con gentilezza che i superiori
sono pieni di impegni, a cominciare dal direttore operativo Gianni
Vittorio Armani, e che sulla fattibilità e i tempi dell’intervento
la società non può, per ora, prendere posizioni ufficiali.
Assicurano,
in modo informale, che il caso L’Aquila è stato inserito in
agenda, ma ci sono i fatidici tempi tecnici. E l’infruttuosa
telefonata si conclude puntualmente con l’altrettanto fatidico “le
faremo sapere”.
Molte
le domande che restano dunque senza risposta. Quelle da dare ai
cittadini che temono per la loro salute, o che hanno a cuore
legittimamente, la riqualificazione estetica dei loro quartieri,
visto che i tralicci sono incomparabilmente più brutti rispetto a
quelli, per esempio, avveniristici e che ricordano un germoglio,
disegnati dall'architetto Hugh Dutton, vincitore del concorso
internazionale “I tralicci del futuro” indetto da Terna, proprio
nell’intenzione di rinnovare, dal punto di vista tecnico e del
design, la vetusta rete di trasmissione elettrica italiana.
Senza
risposta a tal proposito anche legittime domande sullo stato di
sicurezza statica e la manutenzione dei tralicci vecchi di decenni
del tratto aquilano, in cui sono evidenti, anche a occhio nudo, segni
di usura.
L’impressione,
a questo punto, è che Terna non abbia tutto questo interesse a
rimuovere i tralicci aquilani. Potrebbe farlo solo se a finanziare
l’operazione fosse il Comune, che ovviamente non ha le risorse per
un intervento stimabile nell’ordine delle decine di milioni di
euro, ma che potrebbe anche avere un rapporto costi e benefici più
che accettabile, visto che al dì del aspetto sanitario e della
precauzione, si libererebbero ettari di terreno di proprietà
comunale molto preziosi in una fase in cui L’Aquila, con la
ricostruzione post-sismica, sta ridisegnando il suo assetto
urbanistico.
Terreni
che potrebbero essere infatti utilizzati per aree verdi, strutture
sportive, percorsi ciclabili e pedonali, per interventi di
riqualificazione di quartieri sorti nel secolo scorso intorno e sotto
a quei tralicci senza un disegno urbano degno di questo nome.