Pubblicato
il terzo rapporto degli epidemiologi dell'ISS sulle conseguenze sanitarie
dell'esposizione ambientale nei Siti di interesse nazionale (Sin). L'incrocio
di mortalità, incidenza oncologica e ricoveri fa emergere dati sempre più
drammatici. A Taranto eccesso di tumori alla tiroide, in dieci anni +58% tra
gli uomini e + 20% tra le donne. E altrove è anche peggio. Ecco la mappa
aggiornata sulle vittime in 18 aree da bonificare. Oggi question-time alla
Camera sui risultati
Nelle aree
più inquinate d’Italia i tumori sono aumentati anche del 90% in soli dieci
anni. L’Italia dei veleni ormai è così, più si scava e più sembra lontano e
improbabile l’antidoto che salverà il malato. E questo non vale solo per le
ruspe che fanno affiorare fusti interrati. Vale anche per gli studi
epidemiologici che nelle aree più inquinate del Paese registrano, anche negli
ultimi anni, aumenti preoccupanti della mortalità, dell’incidenza oncologica e
dei ricoveri ospedalieri. In particolare cancro della tiroide, tumore alla mammella
e mesotelioma.
Pochi giorni
fa, quasi in sordina, è stato pubblicato sul sito dell’Associazione degli
epidemiologi il terzo dossier dell’Istituto superiore di Sanità sugli effetti
sulla salute delle popolazioni esposte ai Sin, i Siti di interesse nazionale
per le bonifiche. E’ l’aggiornamento dello studio “Sentieri”, realizzato dal
Dipartimento ambiente e connessa prevenzione primaria dell’ISS dopo quelli
realizzati nel 2010 e 2011. L’indagine intende approfondire il livello di
compromissione della salute dei 5 milioni di italiani che convivono coi fumi
dei camini delle centrali a carbone, intorno alle discariche tossiche o in
prossimità delle industrie chimiche che hanno sversamento per anni i loro
veleni contaminando terreni e acque.
Stavolta, i
ricercatori dell’ISS hanno lavorato su tre banche dati diverse, incrociando le
rilevazioni sulla mortalità aggiornate al 2010 (le precedenti prendevano in
esame gli anni 2002-2005), l’incidenza oncologica per gli anni 1996-2005 e dati
di ospedalizzazione relativi al periodo 2005-2010. “La scelta è motivata dal
fatto che quando si ha a che fare con patologie ad alta sopravvivenza lo studio
della sola mortalità porterebbe a sottovalutarne l’impatto effettivo”, spiega
Roberta Pirastu, docente alla Sapienza e curatrice del rapporto Sentieri. E’ il
caso del tumore alla tiroide per il quale in alcuni Sin sono stati rilevati
incrementi sia per l’incidenza tumorale che per i ricoveri. Nell’area
Brescia-Caffaro, ad esempio, l’incidenza dei tumori rilevata è +70% per gli
uomini e +56% per le donne, ai Laghi di Mantova +74% e +55%, a Taranto +58 e
+20. Anche i ricoveri in eccesso sono un bollettino di guerra: a Brescia +79
per gli uomini e + 71% per le donne, +84 e + 91 ai Laghi di Mantova, a Milazzo
+55 e +24, a Taranto +45 e +32.
Tornando
alla nuova indagine va detto che la scelta di includere nell’analisi
l’incidenza oncologica ha limitato la ricerca ai 18 siti in cui è attivo un
registro dei tumori. Ma lo studio sarà completo per gli altri dati (mortalità,
ricoveri) in tutti e 44 entro la fine dell’anno. In ogni caso l’evidenza della
ricerca è una e pesantissima: Taranto e i comuni dell’area campana della Terra
dei Fuochi non sono gli unici territori in cui tocca correre ai ripari,
programmare screening sanitari, biometraggi, analisi dei contaminanti, oltre a
bloccare subito gli scempi ambientali e dar corso a rapide bonifiche.
Dall’analisi
emerge con forza, ad esempio, la gravità dell’esposizione ad amianto subita
dalle popolazioni residenti nei SIN e che risulta evidente, per gli uomini, dai
dati relativi al mesotelioma. Eccessi per mesotelioma e tumore maligno della
pleura si registrano infatti a Biancavilla (CT) e Priolo (SR), dove è
documentata la presenza di asbesto e fibre asbestiformi. Ma anche nelle aree
portuali di Trieste, Taranto, Venezia e dove ci sono industrie chimiche (Laguna
di Grado e Marano, Priolo, Venezia) e siderurgica (Taranto, Terni, Trieste).
Questo, spiega il dossier, conferma la diffusione dell’amianto nei siti
contaminati “anche al di là di quelli riconosciuti tali in base alla presenza
di cave d’amianto e fabbriche di cemento-amianto”.
Dall’analisi
del profilo di rischio oncologico risulta anche una maggiore incidenza di
tumore del fegato in entrambi i generi riconducibile a un “diffuso rischio
chimico nei SIN”. Ma non si tratta solo di tumori. Per esempio, nel Basso
bacino del fiume Chienti sono emersi eccessi per le patologie del sistema
urinario, in particolare le insufficienze renali, che inducono a ipotizzare un
ruolo causale dei solventi alogenati dell’industria calzaturiera. Sempre per le
patologie renali è stato suggerito un approfondimento a Taranto. A Porto Torres
(SS) si registrano eccessi in ambedue i sessi e per tutti gli esiti considerati
(mortalità, incidenza oncologica, ricoveri ospedalieri) per patologie come le malattie
respiratorie e il tumore del polmone, per i quali si suggerisce un ruolo delle
emissioni di raffinerie e poli petrolchimici; per le stesse patologie rilevate
a Taranto è stato suggerito un ruolo delle emissioni degli stabilimenti
metallurgici.
Le conclusioni,
con questi dati, dovrebbero essere un codice rosso per la politica sanitaria e
ambientale, a livello nazionale e locale. Per tutti i SIN si chiede di
acquisire maggiori conoscenze dei contaminanti presenti nelle diverse matrici
ambientali per meglio stimare l’esposizione attuale e pregressa. Ma non è affatto scontato che succeda, come
dimostra il caso dello studio sull’esposizione sanitaria bambini da un anno nel
cassetto del Ministero in attesa di 350mila euro di fondi. Anche per questo, a
fronte di numeri tanto allarmanti, oggi stesso ci sarà un question time in aula
sollevato dal gruppo dei Cinque Stelle. Alberto Zolezzi e gli altri componenti
del gruppo alla Camera chiederanno al ministro dell’Ambiente. L’intero progetto
Sentieri, va detto, ha costi contenuti, e tuttavia poche certezze di andare
avanti: le prime due edizioni (2010 e 2011) sono costate solo 250mila euro, la
terza (2014) circa 130mila. E questo grazie al fatto che il gruppo di lavoro
ristretto , compresi curatori e autori del rapporto, sono dipendenti dello
Stato, dell’ISS, del ministero, dei Registri dei tumori. Poi ci sono tre
contrattisti precari che costano 50mila euro l’anno. “In effetti, costiamo
pochissimo”, raccontano loro.
Andare
avanti, nonostante le scarse risorse a disposizione , è però necessario. Il
rapporto indica espressamente l’impellenza di avviare o proseguire programmi di
biomonitoraggio umano per una serie di SIN, tra gli altri, Brescia-Caffaro e
Trento. Sono stati inoltre raccomandati programmi di ricerca relativi alla
catena alimentare in sub-aree ben definite del Litorale Domizio-Flegreo e Agro
Aversano. Lo studio fornisce poi dati tali da rendere indifferibili le azioni
di bonifiche, non solo per Brescia-Caffaro ma anche a Biancavilla, dove gli
eccessi riscontrati per mesoteliomi e tumori maligni della pleura in entrambi i
sessi sono riconducibili a un’unica fonte di esposizione, una cava di materiale
lapideo contenente una fibra asbestiforme di nuova identificazione, la
fluoro-edenite.
In siti più
complessi, come quello di Taranto, i risultati di Sentieri e l’insieme delle
conoscenze disponibili “attribuiscono un ruolo specifico alle esposizioni
ambientali”. Conoscenze “ricche e solide che rendono ora possibile prevedere
procedure di valutazione integrata dell’impatto ambientale e sanitario
(VIIAS)”. Tocca solo vedere se ci sarà la volontà di realizzarle nelle aree
produttive compromesse, anche al prezzo di scoprire che il binomio tra
lavoro-salute, che divide ormai l’Italia, non può essere risolto dal compromesso.