Qui sotto pubblichiamo un articolo di Antonella Nappi, pubblicato il 3 ottobre 2014 sul sito della Libreria delle Donne di
Milano ( sezione punto di vista ).
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Desidero un
femminismo che studi e ragioni ogni ambito della esistenza. Vorrei coinvolgere
le donne nell’esercizio dello sguardo critico su questioni che mi appaiono
essere ancora delegate, come leggere gli attacchi speculativi che vengono fatti
alla nostra salute e costruire una volontà di difenderla attraverso la
salubrità ambientale. L’informazione muta la distribuzione del potere, come ben
sappiamo dall’esperienza femminista. Penso che sia utile richiamare nelle donne
la consapevolezza del sentimento identitario che ci proviene dal nostro corpo,
lo reputiamo capace di una dose di salute e questo ci fa sentire forti. Laura
Conti ha creato con i suoi scritti molta attenzione allo sfruttamento che viene
operato sulla salute dai sistemi economici, sociali e politici. l suoi libri
hanno restituito l’esperienza affettiva che ci lega al corpo e hanno mostrato il
legame tra la salute e le condizioni ambientali, hanno stimolato l’investimento
politico collettivo nei confronti dei temi ambientali.
Sara
Gandini ha affiancato all'intervento del gruppo di donne che si nomina:
“Difendiamo la salute”, apparso nel sito della libreria delle donne alla voce “Punto
di vista” il 23 maggio 2014, un articolo che tende a liquidare le
preoccupazioni che loro segnalano. È il suo punto di vista, mi dico da mesi,
mentre al contempo mi dispiaccio che così poco io riesca a fare per stimolare
l’attenzione delle donne sulla delega che diamo al potere di maltrattare i
nostri corpi e vorrei controbilanciare i suoi discorsi anch’io.
La medicina
ci aiuta quando siamo ammalate ma è prima della medicina che può e deve agire
la politica. La scienza è amabilissima nei suoi aspetti sinceri ma è
difficilissimo preservarla dalle operazioni del potere. È importante che questo
si sappia: non c’à vigilanza politica della popolazione sulla scienza ma una
enorme delega.
La
prevenzione dalle malattie deve essere una preoccupazione politica, le
istituzioni la avocano a sé ma non la discutono con i cittadini, li tengono
all’oscuro delle denunce di scienziati indipendenti sui danni che derivano da
prodotti inquinanti e impediscono alla popolazione di confrontare, con gli agi
che derivano da questi, le ricadute negative sulla salute. Invece la politica
deve utilizzare la scienza e l’informazione per dare maggiore libertà di scelta
agli individui.
La
longevità va compresa meglio: dagli studi di demografia sappiamo che sono
scelte sociali e ambientali a garantire la salute, più della medicina (Massimo
Livi-Bacci, Storia minima della popolazione del mondo, Bologna, Il
mulino, 1998; Giuseppe Micheli, La transizione sanitaria del novecento in
Italia, Milano, Istituto di Scienza della popolazione e del territorio,
Università Cattolica, 2000). Graziella Caselli e Viviana Egidi, pubblicano da
decenni ricerche che documentano i legami tra la salute e il contesto
ambientale: il Sud povero ha avuto una salute magnifica rispetto alla media
nazionale per tutto il secolo ’900 e una mortalità anticipata molto minore (1/3
rispetto alla media Italiana); il Nord industrializzato al contrario una
pessima salute e una mortalità anticipata maggiore di 1/3 rispetto alla media
nazionale. Il tardo sviluppo industriale del Veneto, dagli stessi dati medi del
Sud lo ha precipitato in pochi anni alla stessa mortalità anticipata delle
regioni industriali (V. Egidi, Trent’anni di evoluzione della mortalità
degli adulti in Italia, in “GENUS”, Rivista internazionale di demografia,
Università la Sapienza, Roma, gennaio-giugno 1984,; G. Caselli – V. Egidi, A
new insight into morbility and mortality transition in Italy, in “GENUS”,
Università la Sapienza, Roma, luglio-dicembre 1991). Se nel complesso è
aumentata la possibilità di vita di chi era nato ottanta, novanta e cento anni
fa, è sbagliato pensare che la stessa cosa si presenti per chi è nato dopo,
sono gli inquinanti assorbiti lungo la vita un fattore importante per la salute
delle persone (Livi-Bacci, op.cit.; G. Caselli, Il contributo dell’analisi
per generazioni allo studio della geografia della mortalità in “GENUS”,
gennaio-dicembre, 1983; G. Caselli-V. Egidi, L’analyse des données
multidimensionelles dans l’étude des relations entre mortalité et variables
socio-économiques, d’environement et de comportement individuel, in
“GENUS”, n. 2, 1981); in generale tutte le malattie degenerative sono
collegabili all’inquinamento ambientale come molti tumori (Caselli-Egidi, 1981
op.cit.).
Con il
protrarsi della vita media sono cresciti costantemente gli anni statistici di
vita non autosufficiente (circa 10) e da un decennio sono diminuiti
statisticamente gli anni di vita in salute: aumentano cioè gli anni
trascorsi assieme ad una malattia cronica e senza vie d’uscita (Livi Bacci
,op.cit., ed anche Lectio Magistralis, 4 giugno 2014, Roma, sede
centrale Istat).
Per
gli uomini dal 2004 la vita in salute è scesa a 62 anni (era a 68,9), per le
donne è scesa a 61 (era di 71); lo scrivono in una lettera pubblica (18/4/2014
10:41, In Italia continuano a diminuire gli anni di vita in salute,
citando la fonte seguente: http://ec.europa.eu/health/indicators/echi/list/index_en.htm): Valerio Gennaro (UO Epidemiologia
Clinica, IRCCS – AOU San Martino, IST – Istituto Nazionale per la Ricerca sul
cancro, Genova), Giovanni Ghirga (pediatra, Ospedale San Paolo, Civitavecchia –
RM), Laura Corradi, (sociologa, Università della California). Questa tendenza è
condivisa da altri paesi europei.
La ricerca
del 2013 fatta da AIOM con AIRTUM, I numeri del cancro in Italia,
escludendo il cancro alla pelle, parla della possibilità di sviluppare un
cancro nell’arco della vita per un soggetto su due, un po’ meno forse per le
donne. Maria Letizia Rabbone, di Pediatri per un mondo possibile, ha
illustrato ad un convegno di Difendiamo la salute come le prime vittime
di ogni inquinamento siano i bambini, l’incremento ogni anno dei tumori infantili
in Europa è dell’1,2% , in maggioranza nel primo anno di vita; in Italia nel
primo anno di vita l’incremento medio è del 2,5%.
È sempre più
difficile dimostrare una relazione causa-effetto in epidemiologia, per la
presenza di una crescente multifattorialità di inquinanti, già Laura Conti (Questo
pianeta, Editori Riuniti, Roma, 1983) sollecitava di rivolgersi alla probabilità
e alla compatibilità degli effetti. Inoltre le ricerche epidemiologiche,
quando comparano una serie di elementi ambientali nella loro ricaduta su
popolazioni che abitano in contesti diversi, accertano ex-post ciò che queste
cavie umane hanno subito, senza neppure immaginarlo. Il legame causa-effetto è
decifrabile nei laboratori, con ricerche lunghe nel tempo e di vasta portata:
l’eziologia richiederebbe grossi finanziamenti economici e politici, ha visto
un grande impegno in Lorenzo Tomatis, quando fu lui a dirigere la IARC
(International Agency for Research on Cancer): fece conoscere al pubblico
internazionale, con una serie di monografie, i danni accertati di moltissime
sostanze prodotte e vendute dall’industria. Nei suoi libri e articoli ha
denunciato l’assenza di finanziamenti pubblici a queste ricerche e il successo
che hanno invece ricerche che promettano di assolvere gli inquinanti. Ha
denunciato anche le censure che subiscono i risultati delle ricerche che
ostacolerebbero la vendita dei prodotti studiati (suggerisco l’articolo: Ambiente,
sviluppo e salute: la grande distrazione, in Indipendenza, XI, 22,
2007; e i testi: L’ombra del dubbio, Sironi Editore nel 2008; Il
fuoriuscito, Sironi 2005).
L’esempio
recente di questo è l’assenza di informazione sull'utilizzo sempre più
intensivo delle onde radio, eppure da decenni sono noti i danni di questi
strumenti già utilizzati dai militari e molti scienziati nel mondo ne
denunciano la diffusione come una gravissima minaccia per la salute pubblica,
da tempo chiedono l’applicazione di un principio di precauzione. Un testo
riassuntivo e comprensivo anche di quanto segue è quello steso in sette anni da
ricercatori di tutto il mondo: Bioinitiative (http://www.bioinitiative.org/report/wpcontent/uploads/pdfs/BioInitiativeReport2012.pdf).
Laura
Masiero (presidente dell’associazione contro l’elettromagnetismo fondata dal
Biologo Angelo Levis, A.P.P. L. E.), con lei organizzammo l’ultimo convegno di Difendiamo
la salute, letto l’articolo di Sara mi mandò la sua protesta perché la proponessi,
se volevo, alla libreria delle donne: «L’intervento che ho letto nella parte
che riguarda il rischio tumori da telefoni mobili a mio parere è discutibile e
parziale […] credo che la cosa migliore sia inviarti, in modo che poi tu
possa anche girarli ad altre, alcuni articoli […] Andrebbe spiegato che gli
studi che indicano dati negativi (a cominciare da Interphone) sono tutti
finanziati dai gestori delle reti e dai produttori, lavoriamo su questo da
anni; che l’inclusione delle radiofrequenze tra i “possibili cancerogeni” è un
compromesso tra le parti in campo, che i dati positivi d’aumento del rischio ci
sono e che a causa di questi dati la IARC ha dovuto decidere almeno per la
classe 2B (IARC press, release 2011). Dati positivi (cioè affermativi)
sui tumori cerebrali si trovano negli studi del gruppo di Hardell (Hardell,
Carlberg Hansson-Mild 2006; Hardell, Carlberg, Soder, Soderqvist Hansson-Mild,
2013) e di molti altri autori (uno dei più recenti, Coreau,
2014) riportano un incremento statisticamente significativo (da >100% a
>300%) di rischio di tumori cerebrali maligni (gliomi), benigni (meningiomi)
e tumori benigni (neuromi) dell’acustico tra gli utilizzatori abituali (da 30
minuti/giorno) dopo 10 o più anni. Dovremmo aggiungere anche il neuroma del
trigemino (caso Marcolini vs. Inail, vinto in Cassazione). Un recente
studio dimostra come l’incremento di tumori cerebrali (in 100 paesi) sia
correlabile solo alla maggiore penetrazione dell’uso di telefoni
mobili (De Vocht, Hannam, Buchan, 2013; Hardell, Carlberg, 2013). Per
maggiori dati rimando agli articoli di Levis et al., allegati.
/ Mettere la nota?/ Infine andrebbe spiegato anche che la spinta
economica e le pressioni dell’industria a negare qualunque rapporto tra esposizione
e malattia, sono fortissime e invadono la ricerca in modo vergognoso e che i
conflitti di interesse all’interno di Iarc sono pesantissimi.
Quanto
alla ionizzazione, beh! è un argomento che i negazionisti tirano in ballo
sempre!
In realtà i campi elettromagnetici non-ionizzanti,
come quelli prodotti da telefoni mobili e sistemi wireless, possono produrre
effetti biologici importanti fino alla modifica del DNA, anche a livelli di
intensità di campo elettrico molto piccole, anche a 0,1 microwatt/cmq
(Yakimenko, Sidorik, Henshel, Kyrylenko, 2014)».
FONTE : LIBRERIA DELLE DONNE DI MILANO