Pubblichiamo
parte dell'inchiesta pubblicata sul GIORNO " Luci e ombre del
miracolo regionale "
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Energia
pagata quattro volte tanto con i soldi delle bollette, campi
sottratti all'agricoltura per coltivare il mais da bruciare e affitti
fondiari alle stelle. Le biomasse hanno cambiato la faccia delle
campagne lombarde. E la corsa non si ferma: gli incentivi pubblici
continuano ad alimentare i progetti di nuove centrali, anche se il
legislatore sta cercando di mettere un freno
La
Lombardia sta diventando una gigantesca centrale. Una centrale
alimentata con le cosiddette biomasse: escrementi degli allevamenti,
mais, legno e rifiuti biodegradabili urbani e industriali, bruciati o
fermentati per produrre elettricità ed energia termica "verdi"............
Entro Expo insomma, in Lombardia ci saranno circa 500 biocentrali.
Può essere un bel biglietto da visita per la manifestazione dedicata
"all'energia per la vita", ma è anche un'eredità
impegnativa.
I
SOLDI DALLE NOSTRE BOLLETTE - Gli impianti costruiti fino al 2012
godono infatti di un incentivo per quindici anni. La tariffa, detta
onnicomprensiva, è di 0,28 centesimi a kilowattora, ovvero quattro
volte il valore commerciale dell'energia elettrica. Da quest'anno si
cambia, più o meno: la tariffa sarà più bassa, ma durerà per
vent'anni. D'altronde, il giudizio è unanime: l'industria delle
biomasse sopravvive solo grazie ai soldi pubblici. "Senza
incentivi non sta in piedi, produce energia a costi elevatissimi",
commenta Gianluca Pinotti, assessore all'agricoltura e all'ambiente
della provincia di Cremona. Il suo territorio ha il primato delle
centrali in Lombardia: 137 ne conta l'assessore.
È
stato proprio l'ampio margine di guadagno garantito dalla tariffa a
ingolosire molti investitori, anche esterni al settore agricolo. Una
tariffa (i cui fondi arrivano dalla voce A3 delle nostre bollette)
che molti definiscono "remunerativa": doveva essere una
stampella all'avviamento dell'impresa, è diventata essa stessa la
fonte primaria di guadagno. "Si è registrato il fenomeno
dell'ingresso pesante della finanza", osserva Andrea Calori,
ricercatore del dipartimento di Agraria del Politecnico di Milano.
Per
i manager di piazza Affari e dintorni però, il biogas non è stato
una scampagnata................... sottolinea il professore Michele
Corti, docente di zootecnia montana all'università degli studi di
Milano e gestore del blog "Sgonfia il biogas", che la dice
lunga su quale sia la sua posizione.
BRUCIATI
QUINTALI DI "CIBO" - Una delle tesi del partito
anti-biomasse è che in Italia si siano sacrificati la terra fertile
e i suoi frutti per inseguire il biogas e soprattutto i suoi lauti
incentivi. Giovanni Carrosio, sociologo dell'università di Trieste,
osserva che "stiamo assistendo a un depauperamento dei terreni
fertili. Oggi si coltiva mais per il biodigestore e si importa quello
da dare da mangiare agli animali. E si continua a cercare nuova
terra".
Dati
del Politecnico di Milano (marzo 2013) rivelano che nel 2010 il 30,9%
dei 234.294 ettari coltivati a mais in Lombardia era destinato al
biogas. L'assessore mantovano Grandi conferma: "C'è stata una
distorsione della vocazione dei campi: dove si produceva frutta ora
si pensa a coltivare mais. Si calcola un 20-30% di incremento del
prezzo". Visto che tra il 2007 e il 2009 il prezzo del cereale
era precipitato, da 25 a 12 euro al quintale, per Ildebrando
Bonacini, vicedirettore di Confagricoltura Cremona (che ha tra i suoi
affiliati perlopiù produttori di mais), l'uso dei campi ai fini
energetici è "legittimo". Anzi, c'è chi ci vede, come
Dasti, un'opportunità per integrare il reddito agricolo.
AFFITTI
ALLE STELLE E CASE IN CADUTA LIBERA - Sicuramente si è integrato
il reddito di chi affittava la terra. Perché a forza di cercare
nuovi campi per coltivare "carburante", gli affitti
fondiari in Lombardia sono esplosi. Secondo la banca dati
dell'Istituto nazionale di economia agraria (Inea), nel 2011 nel
Cremonese un ettaro di terra per la fornitura di biomasse era
affittato a 1.300-1.400 euro, una locazione superiore ai mille euro
massimi per un seminativo. Già nel 2010 Coldiretti Cremona aveva
puntato il dito contro quest'impennata dei valori fondiari. Scriveva
il direttore Simone Solfanelli: "Quando vediamo mega-impianti
del tutto scollegati alle reali potenzialità produttive aziendali e
sappiamo che quella struttura per funzionare ha bisogno di materiale
vegetale che non è possibile produrre nell'azienda che realizza la
centrale, ci preoccupiamo".......................................
IL
GIALLO INQUINAMENTO - Poi l'inquinamento. Un'energia verde che
sporca? Un paradosso. Eppure secondo Corti dai camini delle centrali
a biomasse escono "formaldeide, idrocarburi policlinici
aromatici, una piccola percentuale di diossina". "Sono il
frutto delle reazioni post camino - spiega -. I motori hanno limiti
per le polveri totali, il Pm50, categoria eccessivamente generica,
perché le emissioni che fanno male sono Pm10 e Pm2,5". "Sulla
soglia del megawatt inquinano come un camion che fa centomila
chilometri l'anno", rincara l'assessore Grandi. E dato che
l'autorizzazione viene riconosciuta al singolo impianto, aggiunge
Carolo, "non conosciamo il cumulativo inquinante di questi
impianti".
Infine
c'è il giallo dei batteri. I processi del biodigestore, spiega
Corti, arricchiscono gli scarti di spore e clostridi, che finiscono
nel terreno quando il materiale viene sparso come compost. Si rischia
insomma di contaminare con nuovi batteri i terreni già piagati da
fertilizzanti e insetticidi usati in massa per far crescere i cereali
da bruciare. .....(leggi QUI l'articolo completo di Luca Zorloni )
luca.zorlon
FONTE : IL GIORNO.it