Qui sotto
pubblichiamo un articolo apparso sul sito di OGGI che riepiloga sinteticamente
molti aspetti legati al fenomeno elettrosmog , e anche se non condividiamo la
sicurezza espressa sui campi generati in alta frequenza ( wi-fi e cellulari
compresi ) giunge a delle conclusioni importanti sull’esposizione ai campi in
bassa frequenza ( elettrodotti ).
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Il fenomeno definito “inquinamento elettromagnetico” è legato alla
generazione di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici artificiali, cioè
non attribuibili al naturale fondo terrestre o ad eventi naturali.
Per spiegare meglio questa punto tocca ritornare un attimo sul
banco di scuola per una rapida lezione di fisica. I campi elettromagnetici si
propagano sotto forma di onde elettromagnetiche, per le quali viene definito un
parametro, detto frequenza, che indica il numero di oscillazioni che l’onda elettromagnetica
compie in un secondo.
L’unità di misura della frequenza è l’Hertz (1 Hz equivale a una
oscillazione al secondo). Sulla base della frequenza viene effettuata una
distinzione tra: inquinamento elettromagnetico generato da campi a bassa frequenza
(0 Hz – 10 kHz), quello ad esempio dai tralicci dell’alta tensione;
inquinamento elettromagnetico generato da campi ad alta frequenza (10 kHz – 300
GHz) nel quale rientrano i campi creati dagli impianti radio-TV e di telefonia
mobile.
È ormai scientificamente assodato che i campi elettromagnetici
interagiscono con i tessuti biologici. L’interazione è tanto più potente quanto
più ci si trova vicini alla sorgente e varia in base alla frequenza.
Il principale effetto dei campi elettromagnetici (soprattutto
quelli a radiofrequenza) sul corpo umano è il riscaldamento: lo stesso
principio sfruttato nei forni a microonde per riscaldare i cibi. Tuttavia, i
livelli ai quali siamo normalmente esposti, per esempio mentre guardiamo la
televisione o utilizziamo il computer, sono molto inferiori ai valori richiesti
per produrre un riscaldamento significativo. La legge italiana, inoltre,
prevede limiti di esposizione che sono molto al di sotto di questi valori
(detti valori soglia); se tali limiti sono rispettati, non vi sono prove
scientifiche di rischi per la salute. Almeno per ora.
«Il problema dell’elettrosmog rispetto a tante altre fonti di
inquinamento è la mancanza di dati epidemiologici: non esistono ancora studi
che inequivocabilmente accertino danni alla salute causati dall’esposizione a
onde elettromagnetiche di tutte le frequenze. Infatti mentre per le basse
frequenze diversi studi hanno portato a risultati certi, come dimostra
l’aumento dell’incidenza delle leucemie infantili e di quelle linfatiche croniche,
la stessa cosa non si può dire per le altre frequenze», sostiene dice la
professoressa Maria Rosaria Boni della Facoltà di Ingegneria dell’Università La
Sapienza di Roma.
Quindi se ci
limitassimo alle evidenze attuali, è possibile affermare che vivere vicino a un
traliccio dell’alta tensione fa sicuramente male, mentre parlare al cellulare
non è detto. Un punto certo quindi lo possiamo smarcare visto che già nel 2001
lo IARC (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) ha inserito i campi
elettromagnetici nella classe 2B dei “possibili cancerogeni”, affermando che
sussiste una “consistente associazione statistica” tra l’esposizione a campi
elettromagnetici al di sopra di 0,4 microtesla.