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martedì 28 marzo 2017

RAPPORTO ONU SU PESTICIDI: UCCIDONO, SOPRATTUTTO NEI PAESI POVERI, E NON AIUTANO A COMBATTERE LA FAME

Pubblichiamo qui sotto l’articolo sul rapporto O.N.U. , stranamente non divulgato dai media, sull'utilizzo di pesticidi utilizzati a NORMA DI LEGGE, e non comprendiamo come si possa difendere nel 2017  l’uso intensivo della chimica in agricoltura.

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GINEVRA, 9 MARZO – I pesticidi uccidono migliaia di persone all'anno e ciò avviene soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Lo afferma un documento firmato da due esperti delle Nazioni Unite, presentato per chiedere un trattato internazionale in grado di regolamentare l’uso di queste sostanze chimiche i cui effetti nocivi, oltre a quelli sull'uomo, sarebbero responsabili  anche della distruzione della biodiversità. 
Gli inviati speciali dell’O.N.U per il Diritto al cibo, Hilal Elver, e per le Sostanze tossiche, Baskut Tuncak, hanno presentato al Consiglio per i Diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra un rapporto nel quale si sostiene anche che i pesticidi non sarebbero affatto utili a garantire lo sviluppo dell’agricoltura necessario ad una popolazione in crescita.

“I pesticidi sono responsabili per un numero stimato di 200mila decessi all'anno per avvelenamento acuto, il 99% dei quali avvengono nei Paesi in via di sviluppo”, e sono danni certificati. Secondo Tuncak e Elver è stato dimostrato scientificamente che “l’esposizione cronica ai pesticidi provochi cancro, il morbo di Alzheimer quello di Parkinson, disturbi ormonali, disturbi dello sviluppo e sterilità”. Ad essere a rischio sono soprattutto gli agricoltori e le comunità che vivono nei pressi delle piantagioni, all’interno delle quali i soggetti più vulnerabili sono le donne incinte e i bambini. Inoltre, secondo gli inviati speciali dell’O.N.U. questi composti chimici destabilizzano l’ecosistema, alterando addirittura il rapporto fra prede e predatori, e limitano la biodiversità. Nello specifico alcuni pesticidi possono persistere nell'ambiente per decenni arrivando all'effetto controproducente di ridurre il valore nutrizionale degli alimenti oltre che uccidere animali che non sono propriamente dei parassiti. Ad esempio i pesticidi neonicotinoidi, secondo Tuncak e Elver, sarebbero i responsabili del crollo sistematico nel numero di api in tutto il mondo. Una diminuzione che minaccia le basi stesse dell’agricoltura, essendo il 71% delle specie coltivate frutto in parte dell’impollinazione di questi insetti.
Tuttavia, prosegue il rapporto “si ritiene comunemente che l’agricoltura intensiva industriale, che si basa pesantemente sui pesticidi, sia necessaria per aumentare i raccolti per sfamare una popolazione mondiale in crescita”. Una convinzione sbagliata, secondo gli inviati dell’O.N.U. : “Nei 50 anni passati, la popolazione globale è più che raddoppiata, mentre la terra arabile disponibile è aumentata solo del 10%”.  “L’utilizzo di più pesticidi non ha niente a che fare con il problema della fame – ha spiegato Elver – secondo la Fao allo stato attuale produciamo alimenti in grado di sfamare 9 miliardi di persone. Un ulteriore aumento della produzione potrebbe essere d’aiuto ma il vero problema rimane la povertà, le disuguaglianze e la mancata ridistribuzione”.
Le aziende del settore agricolo e dei pesticidi inoltre hanno adottato “una negazione sistematica della grandezza del danno portato da queste sostanze chimiche, e tecniche di marketing aggressive e non etiche rimangono incontrastate”. Per l’Onu “un trattato generale che regoli i pesticidi altamente pericolosi non esiste”. Eppure, “senza, o con un uso minimo di sostanze chimiche tossiche, e’ possibile produrre cibo nutriente e più sano, senza inquinare o esaurire le risorse ambientali”. Per queste ragioni secondo i due inviati speciali dell’Onu è necessaria al più presto una regolamentazione dell’uso dei pesticidi attraverso un trattato internazionale. “È arrivato il momento – si legge nel documento – di attivare un processo globale in grado di guidare un transizione verso una produzione agricola più sicura che garantisca cibo più sano”.

FONTE : ONU ITALIA